Michele Masneri mi sta suscitando un certo risentimento perché dopo aver letto Steve Jobs non abita più qui sento il bisogno di tornare in California, affrontando i luoghi e i costrutti antropologici locali con una consapevolezza che da turista giuggiolona mi è mancata. Il senso di inadeguatezza che provo – da ex visitatrice svagata di uno dei luoghi più carichi di mitologie stratificate tra le più varie ed eventuali del mondo – è, in realtà, un fattore positivo. Ci si può sentire manchevoli solo quando ci troviamo davanti a qualcosa di ricco, gustoso e approfondito… che poi forse è anche un po’ quello che mancava alla Valle oscura – se vogliamo dar voce a una delle obiezioni principali in cui Anna Wiener è incappata. Ma tenderei a staccarmi da lì, perché a parte la collocazione geografica e il tema del “tech”, son due faccende assai diverse.
Che fa Masneri?
Steve Jobs non abita più qui è una raccolta di multiformi reportage che nascono da una prolungata permanenza sul campo. Masneri ha stazionato abbondantemente a San Francisco ed è tornato a più riprese in California come inviato del Foglio – che poi è anche il primo posto in cui versioni più stringate di questi pezzi sono approdate dal 2016 in poi.
Di che parlano questi pezzi? In soldoni, di un contesto che riesce ad essere significativo in più dimensioni tematiche e dimensioni temporali contemporaneamente. Eleggendo San Francisco a campo base, per dire, ne ricordiamo la centralità storica per la comunità queer, ma studiamo anche la città come centro di smistamento di cervelli e capitali che, coi loro sforzi congiunti, ambiscono a scaraventarci verso il futuro. Ogni quadro tematico resta fluido e allunga i suoi tentacolini cablati verso un altro pezzettino della città o dell’umanità che lo occupa, restituendoci un mosaico di abbondanti sovrapposizioni.
Si parla inevitabilmente di tecnologia, ma troviamo anche Jonathan Franzen che dal suo villino quasi-boschivo riflette sul perché così tanta gente lo detesti, troviamo la storia di un nuovo filone stilistico-culinario, combattiamo con il mercato immobiliare – ossessione onnipresente prodotta da reali sconvolgimenti socio-economici – e ci addentriamo nella leggenda degli Hearst, passando anche a fare quattro chiacchiere con Bret Easton Ellis, che alle feste ci va molto meno di prima e fa finta di scrivere solo per la TV.
Da dove spunta Uber?
Come funzionano le serrature?
Che ne è stato del grande terrore dell’AIDS?
Com’è il funerale di un mostro sacro del surf?
È il Pride o una manifestazione fagocitata dalle PR aziendali?
Economia, innovazione, cibo, viabilità, personaggi mitologici, fissazioni, creatività… tutto contribuisce al grande puzzle del surreale presente californiano, che Masneri ci restituisce con senso dell’umorismo, arguzia e una salutare dose di spesso meritato disincanto.
[Le foto arrivano da una delle più grandi fonti di MA VERAMENTE del libro: la casa progettata (mobili compresi) da Ettore Sottsass a Palo Alto per David Kelley – designer a sua volta leggendario tra le cui gesta possiamo ricordare l’invenzione del primo mouse. Kelley sta vendendo la casa ma è molto preoccupato, perché teme che i potenziali acquirenti siano interessati solo alla “terra” – vera risorsa scarsa del circondario – e non tanto al lavoro di Sottsass. Insomma, “me la buttano giù e chissà poi cosa ci fanno”. STEI TIUND per futuri aggiornamenti].