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Elizabeth Strout | Olive, ancora lei

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Nozioni di base: Olive, ancora lei di Elizabeth Strout – in libreria per Einaudi con la traduzione di Susanna Basso – è il seguito di Olive Kitteridge uscito… quand’era? Nel 2008. Ne rispecchia spirito, intenti e struttura e, anticipando una possibile e legittima domanda, ha sicuramente più senso se li si legge in ordine. Perché il secondo è proprio un “sequel”.

Ma come sono fatti, questi libri? Sono narrazioni corali con un centro di gravità geografico – la cittadina costiera di Crosby, Maine – e personale – Olive.
Non tutti i capitoli riguardano Olive o la sua famiglia in senso stretto, ma tutti i capitoli la vedono apparire (anche solo fugacemente) o lasciare un’impronta di qualche genere – e spesso indelebile – sui personaggi che incontra.

Chi è Olive? Un’insegnante in pensione dotata di filtri ridottissimi e di un perentorio spirito critico. Insomma, insiste per spiegarti come si sta al mondo anche se non gliel’hai chiesto, si impiccia e sentenzia, ma non la tiri sotto con la macchina perché sovente si dimostra più saggia di te. E non è immune alle miserie umane che tanto mostra di disprezzare e compatire.

In questo secondo capitolo la vediamo alle prese con la vedovanza e con il possibile germogliare di un nuovo sodalizio… e torna anche ad affacciarsi il bistrattato figlio Christopher, che appena ha potuto è scappato lontanissimo da Crosby. In generale, è un libro che misura il tempo che passa e tutti i personaggi fanno i conti con quello che sono riusciti a combinare nella vita. Che è poco, di solito. O è qualcosa che non era stato particolarmente preventivato. Come si gestiscono i rimpianti? Ma che abbiamo fatto con gli anni che ci sono stati concessi?

È un libro che mette in fila le minuzie del quotidiano e i dettagli “pratici” del vivere, per analizzare sentimenti e dilemmi giganteschi. Ci sono esseri umani nudi e crudi, travolti da menate legittime, tragiche e plausibili. È anche un libro che racconta la lenta moviola dell’invecchiamento, gli acciacchi e la caparbietà con cui fingiamo di non esserne scalfiti. Olive battaglia con tutto e tutti, ma la sfida più aspra che la attende è quella col suo corpo che perde colpi e con la sua mente che non guizza più come un’anguilla elettrica. Questa parabola, credo, resta la più profonda, spinosa e toccante del libro.

Insomma, ho ritrovato lo spirito di Olive Kitteridge è stato affascinante osservare l’impronta del tempo che transita su Crosby, sui suoi ben poco tediosi abitanti e sui numerosi scheletri che ospitano nei loro armadi. Il tramonto di Olive è, come ogni tramonto con un po’ di senso del teatro, uno spettacolo che meraviglia e scalfisce.

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