Parlare di viaggi – potenziali o ripescati dalla memoria – verso destinazioni ben tangibili non è mai privo di conseguenze. Può saltar fuori la nostalgia per quello che abbiamo visto e vissuto, può assalirci la frustrazione per quello che vorremmo vedere e vivere ma che ci è ancora precluso. Dove vogliamo andare? Ovunque! Dove è realistico che si arrivi? Spesso da nessuna parte. Ma girovagare per mondi che, indipendentemente dalle nostre circostanze pratiche, esistono già in una dimensione fantastica e sono raggiungibili, di base, solo con l’immaginazione mi pare assai meno impervio.
Che cosa succede quando uno strumento “esatto” e rigoroso come una mappa cerca di descrivere un posto che non esiste? Produce plausibilità. Ci aiuta a credere a quello che non c’è e a fare nostre le tribolazioni e le avventure dei personaggi che all’interno di quella mappa camminano, scagliano incantesimi, cavalcano draghi, edificano città, esplorano paludi, si amano con svariate complicanze o si stramaledicono vicendevolmente con foga inaudita.
Le terre immaginate è un ragguardevole atlante – curato per Salani a Huw Lewis-Jones e tradotto da Paolo Bianchi e Laura Serra – ma anche un trattato illustrato a più voci sulla geografia dei luoghi fittizi più vasti e vivi, da Narnia ai corridoi di Hogwarts. Un librone da leggere – e ammirare – per visitare di nuovo le storie che ormai albergano nel valigino del nostro cuore o per pianificare nuove rotte – perché c’è modo e modo di non andare da nessuna parte… e non è detto che ci si debba arrabbiare per forza.