Sì, c’è un mischione iconografico perché l’avevo originariamente letto in inglese ma Respiro è ormai apparso anche in italiano e questa qua è l’edizione Sperling&Kupfer con la traduzione di Christian Pastore.
Dunque, Ted Chiang è una specie di antropologo della fantascienza, un architetto di paradossi e un acuto studioso delle relazioni tra tecnologia, linguaggio e umanità.
In questa raccolta – sostenuta da idee brillantissime ma anche da una scrittura super fascinosa, eclettica e camaleontica – troviamo pappagalli che parlano, strutture tribali (e cognitive) modificate dall’avvento della scrittura, dispositivi che immagazzinano i nostri ricordi (TUTTI), prismi che possono metterci in comunicazione con i nostri equivalenti in realtà alternative, tate meccaniche, antichi alchimisti che viaggiano nel tempo, software allevati per anni come bambini, aggeggi che annullano il libero arbitrio, scienziati robot che si dissezionano da soli per capire come funziona l’universo.
Ogni scenario è ricco di vaste conseguenze ed è ancoratissimo a una realtà che ci appartiene, perché popolata da personaggi che decifrano il mondo, si domandano chi sono, cercano di prendere decisioni e mettono in discussione quello che sanno. È un tuffo nelle profondità della nostra potenziale relazione con la tecnologia, del legame tra vita e pensiero, tra mente e limiti imposti dal tempo e dal corpo. Vorrei aver letto Chiang prima di vedere Black Mirror. Mi hai rovinato Black Mirror, Chiang. Sei molto più bravo te.