MADRE è una donna all’avanguardia. Quando le altre insegnanti di educazione fisica si sentivano super avanti a invitare a scuola gli istruttori di rugby, MADRE aveva il corso pomeridiano di yoga. Negli anni Novanta. Negli anni Novanta a fare yoga c’erano solo le alunne di MADRE, Wes Anderson e Linda Evangelista. Nemmeno quella scopa platinata di Gwyneth Paltrow c’era già arrivata, altroché Goop e vaporizzatori vaginali agli ioni d’argilla salata.
Comunque.
Ho fatto la mia prima lezione di yoga nella gloriosa palestra del liceo Colombini, da infiltrata. Facevo le medie, ma MADRE amava utilizzarmi come piccola cavia. Fare yoga in compagnia di venticinque adolescenti ridacchianti non fu semplice e, in tutta franchezza, dell’esperienza non ho quasi memoria. Mi ricordo che c’era dell’imbarazzo e che le tizie badavano di più a come si mettevano le vicine che a quello che dovevano fare loro. Vedendo, poi, che ero una bambina troppo irruenta per salutare il sole e stiracchiarmi su un tappetino, la famiglia decise che conveniva farmi continuare a ricorrere pallette e spedirmi in montagna a sciare tutti i weekend. Che almeno mi stancavo e la sera dormivo.
Qualche tempo fa, però, le ragazze dell’ufficio hanno deciso di buttare in piedi un corso di yoga. C’è l’insegnante che viene al mattino, ci mettiamo giù in sala CONFERENCE e facciamo quello che dobbiamo fare. Più comodo di così. Travolta da un’ondata di sconsiderato entusiasmo, ho aderito all’esperimento.
La mia amica Flavia – dopo aver specificato che lavoro in un posto bellissimo e che, da lei, nessuno si sognerebbe mai di organizzare delle lezioni di yoga – mi ha subito chiesto come intendevo risolvere il problema della doccia a fine lezione.
La doccia?
Ma che è.
Si suda a fare yoga?
Si suda a giocare due ore a tennis, mica a fare yoga.
Flavia, di che stai parlando.
Fottendomene allegramente della doccia, ho srotolato un discutibile tappetino rosa acquistato al Decathlon a due euro e settantanove dalla Manuela in un momento di generosità e mi sono apprestata ad obbedire ciecamente alle istruzioni dell’insegnante.
Ho scoperto che lo yoga è assai piacevole.
Ho imparato a rilassare pezzi di me che manco sapevo di avere.
Ho salutato il sole.
Ho fatto il mini-cobra.
Ho amato molto la posizione del bambino, che la maestra ci ha esortato ad utilizzare in caso di bisogno in qualsiasi momento della giornata. E ho immaginato quanto sarebbe bello distendere le braccia e appoggiare la fronte sul pavimento ogni volta che suona il telefono. Ma così, in tranquillità. In mezzo alla vita che scorre.
Ho capito che conviene vestirsi un po’ pesanti, che quando passi un quarto d’ora in terra a trasformarti gradualmente in un sacco di patate del tutto inerte ma completamente pacifico ti viene un freddo boia.
Mi sono resa conto che due euro e settantanove sono troppo pochi per un tappetino come si deve. Devi puntare le mani e tirare su il sedere, puntellandoti coi piedi? Il tappetino sguiscerà via in ogni direzione. I tuoi arti perderanno aderenza. E tu, se non t’impegni un casino, perderai i denti davanti.
E niente.
La mia incapacità di abbracciare con sufficiente spontaneità filosofie di qualunque genere non mi ha impedito di difendermi dignitosamente. C’è chi combatte per un sano equilibrio tra corpo e mente ma, per due lezioni, si può anche viaggiare su uno 0% di spiritualità e su un 100% di articolazioni, arrivando addirittura a sperimentare la breve ma corroborante illusione di essere più tonica e saggia.
Poi, però, mi sono resa conto che nulla di veramente benefico può accaderti prima delle 10 della mattina.
Lo yoga dovrebbe restituirti la pace, insegnarti ad ascoltare il tuo corpo e il tuo respiro e a controllare la tua mente con la serafica tranquillità di un albero santo di ginkgo biloba.
Il problema è che la mia mente e il mio corpo si sono già fatti sentire. Il mio corpo e la mia mente, alle otto del mattino, non vogliono salutare proprio nessuno, figuriamoci il sole. Il mio corpo e la mia mente, alle otto del mattino, sono già pienamente in contatto con la serenità dell’universo. E riescono a farlo grazie a un antichissimo metodo di rilassamento: il sonno.
Le cose dovrebbero funzionare così.
BENESSERE CORPO/MENTE ALLE ORE 8.00 = 5/10
*LEZIONE DI YOGA (GINKGO BILOBA, VIENI A ME!)*
BENESSERE MATTUTINO ALLE ORE 9.30 = 10/10
Peccato che, a me, il suono della sveglia prima delle 8.30 generi un trauma pari ad almeno -100 Punti Benessere. E, con -100 Punti Benessere, precipito immancabilmente in una fossa di Agonia da cui difficilmente sarà possibile riemergere grazie al volenteroso +5 che una lezione di yoga potrà ragionevolmente sprigionare.
Ma non solo.
Il crepaccio dell’Agonia ha effetti estesissimi. Nel mio caso, il crepaccio dell’Agonia riesce addirittura a danneggiare la florida muscolatura e la travolgente elasticità dei legamenti di cui normalmente dispongo, trasformandomi a tutti gli effetti in una specie di GOLEM narcolettico che traballa su un tappetino rosa con un ciuffo a forma di ananas in testa.
E tra un GOLEM e il sacro ginkgo biloba c’è una differenza a dir poco poderosa. La distanza golem-gingko, per quanto mi sia sforzata di raccontarmi delle confortanti menzogne, non potrà mai essere colmata nelle fascia oraria 8.00-9.30 antimeridiane. A me piace fare yoga. Lo trovo meraviglioso. Ma di sera, magari. Al tramonto. Al crepuscolo. All’imbrunire. Dopo aver finalmente smaltito le difficoltà della giornata e aver ritrovato fiducia nell’avvenire.
Ho fatto solo due lezioni mattutine, ma credo di aver cominciato ad ascoltare il mio corpo e la mia mente in maniera assai proficua.
E sapete che cosa mi hanno detto?
MA ANCHE NO.
1 Comment
Le 7.50 sono immorali anche per lo yoga. E poi ora hai un’ottima scusa per abbandonare (magari, fra un annetto, prova con il bikram yoga o con il pilates, che danno più soddisfazioni – e non al mattino, perdincibacco!).