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tegamini

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La doverosa premessa è la seguente.
Con Amore del Cuore stiamo vedendo la terza stagione del Trono di Spade in italiano.
“Eh, mi sono abituato alle voci…”, vabé, che volete dirgli.
Siamo dunque indietro rispetto ai devastanti lutti che sembrano aver sconvolto i Sette Regni negli ultimi tragicissimi giorni. Non ne sappiamo niente, ma siamo già incazzati come dei marabù.

Questo post, dunque, non è altro che un grosso pippone scaramantico. Un rito propiziatorio a beneficio di DENERIS TARGARIAN, madre dei draghi. Perché se muore anche lei io il Trono di Spade non lo voglio neanche più sentir nominare.
…che poi magari è già stecchita, e sono l’unica al mondo che non ne sa niente.

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Non so voi, ma io il Trono di Spade lo guardo per le sbruffonate. Mi siedo lì, con la pizza alle olive in bilico su un ginocchio e aspetto che qualcuno ci regali un momento di sublime arroganza.
Voglio vedere Nonno Lannister che maltratta i suoi figli, TIRION che sale su uno sgabello per prendere a manrovesci GIOFFRI, la regina SERSI – sbronza come una tegola – che minaccia di morte quella falsona della sua futura nuora, personaggi a caso che fingono di preoccuparsi per quella scarognata di Sansa e cosa, là, IGRITTTTT, che dice a Jon Snow che non sa niente. E lui zitto, con gli occhioni tristi, le pive nel sacco e i geloni ai piedi.

C’è da dire che un minimo di tracotanza tocca più o meno a tutti, ma non possiamo negare che l’unica vera dispensatrice di immense soddisfazioni sia DENERIS.
Ma non c’è qualcuno là fuori che si è scritto tutta la spatafiata di epiteti onorifici della DENERIS? Che io mi ricordo solo “nata dalla tempesta”, “prima del suo nome”, “madre dei draghi”, “khaleesi” e della roba con dentro gli Andali, i Primi Uomini e un mare d’erba. Per cercare di competere con lei, sto aggiungendo titoli a caso al nome del mio gatto. Ottone von Asgard è diventato Ottone von Asgard, Ironcat Supremo, Minaccia Fantasma, Terrore dei Vegetali e Poltergeist Distruttore.

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Senza un motivo particolare, ecco perché ritengo che DENERIS sia degna della nostra stima imperitura. E pure del Trono di Spade. Anzi, mettiamola così, ecco perché DENERIS merita di sopravvivere.

– ha sposato Khal Drogo, l’unico autentico ultramanzo che mai si sia visto nei Sette Regni. E non solo l’ha sposato, ha pure conquistato il suo gigantesco cuore di pietra, trasformando il sublime energumeno in uno che riesce a dirti che sei la MOON della sua LIFE.
– sempre in tema di cuori giganti, DENERIS ha mangiato il cuore crudo di una qualche creatura imponente. Un cuore che più o meno era grosso quanto la sua testa.
– ha imparato a parlare l’assurdo idioma dei DOTRACHI, una lingua che riesce ad essere meno orecchiabile del klingon e ancor più tragicamente funestata dall’assenza di vocali.
– ha insegnato ai DOTRACHI che non si fa l’amore solo a pecorina, grugnendo e tirando i capelli.
– è riuscita ad ammazzare quel gran filibustiere di suo fratello, presuntuoso e nevrastenico, facendogli sciogliere una corona d’oro massiccio sul cranio. Una delle poche morti di tutta quanta la serie che siamo stati ben felici di veder succedere. Tanto per gradire, poi, DENERIS ha commentato che un vero drago non sarebbe mica schiattato, per un po’ d’oro fuso sulla faccia.
– DENERIS è ignifuga, lavabile ad alte temperature e immune alle bruciature solari, pure dopo cento mesi a piedi nel deserto.
– non si sa come, ha generato tre draghi. Generateli voi, tre draghi.
– i figli-draghi di Khaleesi non sono mica come quei polentoni dei vostri bambini. Dopo tre puntate sono già grossi come una Cinquecento.
– nonostante la fisionomia da piccola botte e il culotto un po’ tremolone, DENERSI va in giro nuda con la disinvoltura di una meretrice di Amsterdam. E fa bene.
– tutti si convincono che sia bionda, sventata e scema, la insultano in buffi idiomi che ritengono non possa comprendere e cercano di circuirla sventolandole davanti cassaforti vuote ma lei, alla fine, incenerisce tutti con i suoi draghi. Guerrieri, sovrani presuntuosi, maghi pelati, schiavisti sadici, poco importa. I draghi non si formalizzano.
– è in grado di suscitare devozioni e fanatismi che nemmeno una religione monoteista. La incontri, e dopo cinque minuti le giuri fedeltà eterna, le dici che la servirai per sempre (anche se non sei più uno schiavo) e inizierai a fissarla con l’espressione rapita dell’orfanello di fronte alla vetrina del pasticcere. I cavalieri la adorano. Gli schiavi (e gli ex-schiavi) la venerano. I draghi la rispettano (anche se sono ormai degli adolescenti) e fanno tutto quello che le pare. Avrà pure qualcosa, sta benedetta ragazza.
– è piacevolmente malvagia. Sangue! Fuoco! Trucidateli tutti! Una città, invadiamola!
– senza apparenti sforzi, Khaleesi ci commuove con acconciature sempre più strabilianti. Comincio a sospettare che i tre figli-draghi, oltre ad essere delle perfette macchine di morte, siano anche un po’ parrucchieri, sotto sotto.

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Ma soprattutto, Khaleesi va salvata perché ha sempre qualche straordinaria fissazione. Nella scorsa stagione aveva perso i draghi… e ogni battuta che le toccava conteneva almeno una volta un “DOVESONOIMIEIDRAGHI?!”. Nella prima gridava che era una CALISI ogni tredici secondi. Nella terza serie, invece, ce l’ha su con gli eserciti – mai abbastanza imponenti – e con l’abolizione della schiavitù – mi sa che uno degli epiteti onorifici era anche un modestissimo “distruttrice di catene”.
Deve vivere, deve vivere e regalarci qualche invasamento nuovo.
Voglio vedere cosa succede con quel capellone dei Secondi Figli, che sembra un po’ un Conte Fersen con più fossette. Ma soprattutto la DENERIS deve saltare in groppa a DRACARIS e volare da qualche parte. Facciamo spendere alla HBO una barca di soldi per un bell’effettone speciale di DENERIS che devasta una pacifica contrada – colpevole solo di aver ospitato un Lannister, una cinquantina d’anni prima – dalla groppa spinosa di un drago-figlio.

Eddai.
Fateci divertire.
Lasciate vivere Khaleesi!

 

Dopo aver appurato che non saremmo riuscite a incrociarci – come le vere donne di mondo, che hanno sempre degli impegni precedenti -, abbiamo elaborato un piano infallibile. Ilaria doveva lasciarmi allo stand di Compagine, al Salone, una preziosa copia con dedica del suo Vintagismi, che così poi passavo e me la compravo. Poi però si è dimenticata, ma fa niente, sono comunque successe delle coccole. Me l’hanno passata al telefono – super imbarazzo, che io non so telefonare – e sono stata accolta con grande affetto, in un tripudio di foto e tolleranza. Tolleranza e immenso garbo, anzi, perché sono riuscita a esclamare “Ma che carine queste noci! Ma perché avete un cestino di noci, qua in mezzo ai libri?”. Senza battere ciglio, mi hanno indicato il gigantesco logo appeso al muro. Che poi è questo qua.

Lo so, lo so.
Con me ci vuole un po’ di pazienza.
E forse vale la pena cambiare argomento… che siamo qua per commuoverci con Vintagismi.

È un librino tenero, pieno zeppo di ricordi,  scoperte e ciuffetti storti. Ci sono le lumache, le scarpe con gli occhi, un giardino con piantata in mezzo una pietra gigante, un papà iperattivo, i pomodori dell’orto, una nonna pettoruta e abilissima nel distorcere la realtà, un divano-nascondiglio, la foto di classe di prima elementare e la tragedia dell’abbigliamento anni Novanta. Sulla pagina dell’OUTFIT natalizio è come se ci fossi anch’io, con collettone di pizzo e calzamaglia rossa che prudeva tantissimo. MADRE contribuiva al folklore complessivo trasformando la gonna scozzese in una gonna-PANTALONE scozzese, tanto per farmi capire da subito che il mondo è un luogo tetro, ingiusto e inospitale. Vi torneranno in mente i passamontagna e gli inspiegabili fuseaux con le ghette, insieme a tutti gli sport che vi hanno fatto fare anche se non ne avevate voglia e pativate come dei cani. Poi ci sono i cantanti del cuore – che ve li immaginavate bellissimi ma poi erano tutt’altro – e le estati di noia, in cui si impara a leggere per divertimento e non ci si annoia mai più.

È proprio un librino felice. Si va in giro per i ricordi di un’altra persona e, senza neanche pensarci troppo, cominciano a venire a galla anche i tuoi. Fa nostalgia allegra, ecco, anche per le cose più surreali e le passeggiate di venti chilometri in salita – sia all’andata che al ritorno.
Poi quando capisco se sono più adorabili le illustrazioni o i testi torno indietro e ve lo dico.

Sbruffonaggine o stress post-traumatico. Questo è il dilemma!

Che vi devo dire, è periodo di supereroi.
Dopo avervi inflitto uno strampalato commento sul nuovo trailer di Thor, adesso c’è anche una recensione per il bizzarro Iron Man 3… recensione piena di confusione e preoccupazioni che potrete leggere su BadTaste, perché ogni tanto la vita è meravigliosa e quelli del tuo sito cinematografico preferito ti chiedono di scrivere una fangirlata per loro, che si erano divertiti tanto con il post degli Avengers.
Ed eccoci qua.
È quindi con immensa allegria e sconfinato orgoglio che vi spedisco a leggere tutto quanto su BadTaste. AAAAIRONMAAAAAN!


 

 

***

Voi magari non avete sette anni, ma io sì. E qua in seconda elementare siamo tutti contentissimi per la magica apparizione del primo trailer del nuovo film di Thor, l’indomito polpettone di Asgard. Solo che non si chiamerà “Thor – Asgard’s Meatloaf” ma “Thor – The Dark World”. E si dovrebbe poter vedere in autunno, perché adesso va così, ogni sei mesi c’è un giro in giostra con un supereroe.
Direi di fare un po’ come la volta scorsa, con il trailer di Iron Man 3 – che esce il 24 aprile, tanto per ricordarlo a chi vive su Caronte, sassoso e ghiacciato satellite binario dell’ex-pianeta Plutone. Qua c’è il trailer e sotto c’è quello che ci ho capito io, più un diffuso e meritatissimo disprezzo per Jane Foster, il personaggio femminile più insipido e piagnucoloso del mondo. Che Sleipnir la sfiguri con tutti e otto i suoi zoccoli.

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Dunque.
Inizia con dei bambini che fanno fluttuare un tir. Non sappiamo perché, ma siamo molto contenti per loro. L’avessi fatto fluttuare io, un camion, quand’ero piccola. E invece no, al massimo facevo la rondata sulla trave alta.
Dopo i piccoli autotrasportatori telecinetici, Odino ci informa che prima della creazione non c’era il nulla, ma c’era l’OSCURITAH. Al che presumo ci mostrino il cattivo. Che forse è quello lì, un tizio tutto incatenato in una camera buia, con una specie di casco-tagliola in testa. Ma che fa, sta lì piantato come un monumento perché qualcuno deve ancora risvegliarlo? E chi mai sarà il supergenio? Ma soprattutto, che vuole?
Poi niente, un’immensa (e bellissima) nave nera a forma di accetta rovesciata solca le acque di un qualche posto grigissimo per andarsi a incastrare nel pratone all’inglese di un college. Ad accogliere l’evento con moderato sconcerto troviamo l’amica di Jane Foster, quella con le tette grosse e l’attitudine per la scienza di una commessa di Kiko. Gente che scappa, finestroni inestimabili che esplodono in un milione di pezzettini, fogli che volano. Misericordia, perché la gigantesca nave nera a forma d’accetta è venuta a rompere i vetri proprio a noi? Temo sia perché in quel posto lì c’è anche la nostra Jane. E ovviamente, come ogni personaggio inutile e imbranato, avrà bisogno di essere salvata.
Arriva Thor! I mantelli svolazzano!
Bene. Thor atterra, afferra la sua umana del cuore e, senza manco salutare, si smaterializza con lei verso Asgard. Così a vedere dal mare, sembrerebbe che il regno degli Asi sia leggermente migliorato… c’è sempre una doverosa maestosità, ma ben poche cose sono rimaste a forma di cannellone. Nel primo Thor, ogni palazzo era una composizione di cannelloni dorati. Ma si sa, il tocco magico del modesto Kenneth Branagh…
Comunque!
Thor regala un vestito asgardiano a Jane e se la porta a spasso. Lady Sif, interpretando un po’ i sentimenti di tutti, la incenerisce con lo sguardo. Anzi, la guarda con un disprezzo talmente meraviglioso e plateale che mi viene quasi da pensare che sia innamoratissima di Thor e megagelosa. Secondo me ci fanno qualcosa di interessante, con questa rivalità tra femmine.
Nel frattempo, i capelli di Thor – con treccina, grande innovazione – diventano più strabilianti e luminosi ad ogni inquadratura. Beato lui.
Distruzione ad Asgard, distruzione in un bosco, distruzione a Midgard, accorati appelli interventisti presso il trono di Odino e martelli fosforescenti che sfrecciano. Polpettone in posa plastica e onda energetica ribalta-nemici.
Poi vediamo una treccia bianca e minacciosa, molto più imponente della treccina di Thor.
La mamma di Thor, contrariatissima, piglia un pugnale e fa fare due passi al suo bel vestito, che mi pare un Vivienne Westwood Anglomania metallizzato.
Lady Sif fa uno di quei movimenti a scatto con la testa, quelle robe girachioma da guerriera indomita. Il fatto che ci rifacciano vedere Lady Sif vorrà forse dire che è diventata un personaggio importante? In ogni caso, ha uno scudo molto carino.
Ma ci sono moltissime femmine in questo trailer, che cosa sta succedendo.
Thor finisce in un polverone tempestoso e c’è un mostricciattolo blu mezzo sfigurato dall’acido muriatico che gli sventola davanti la sempre indifesa Jane Foster, crocifissa per aria. Thor, stracciato, stanchissimo e pesto, crolla sui ginocchioni gridando un inevitabile NNOOOOOOOOH.
Titolone di Thor.
E poi succede quello che qua in seconda elementare volevamo vedere sul serio.
Thor, nello sterco di Sleipnir fino al collo, si appropinqua a una di quelle solite gabbie di vetro per supercattivi e va a chiedere aiuto a Loki che, giustamente, lo prende per il culo ancor prima di vederlo arrivare.
La felicità è grande.
E se proprio dobbiamo proseguire nel filone “commento-capelli”, è ormai chiaro che Loki ha passato buona parte degli Avengers a farsi la piega. Qua è in camicione verde tutto stropicciato e ha in testa più o meno quello che mi ci ritrovo anch’io quando mi asciugo col FON con troppa esuberanza. Qualcuno gli porti del balsamo e un bel costume. Ridategli tutti i suoi giocattoli. E fategli prendere un po’ di sole, santo il cielo. Fate quel che vi pare, ma mettetelo in ogni inquadratura.
Più Loki! Più cattiveria! Più elmi cornuti! Più lavoro per gli psicanalisti! Forza!

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Diamine, se è brutto.

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Non so voi, ma sono positivamente impressionata.

E con questo, vado a stendere la maglietta di Ironman, che domani al cinema ci vado con quella. C’è pure il triangolo-Ark-cuore che si illumina al buio!

Fermi tutti.
Lo so, lo so.
C’è un uccellone grigioazzurro che sembra voler stritolare una papera… ma non facciamoci travolgere dall’entusiasmo. Perché il Balaeniceps Rex, per gli amici più cari anche “Becco a scarpa”, è molto più di un frantumatore di papere. È un artista. È un fine interprete drammatico, di quelli così bravi da riuscire anche a sorprenderci in un ruolo comico. Tipo, chi l’avrebbe mai detto, quello lì sa anche far ridere!
Ebbene, il becco a scarpa, oltre che un estroso volatile di rara espressività, è anche il nuovo protagonista della rutilante rubrica “Gli animali ti guardano – rubrica che tutti i Piero Angela del mondo dovrebbero invidiarci e leggere ad alta voce ai propri Alberto Angela.

Dunque.

Il becco a scarpa occupa una nicchia classificatoria tutta sua. Dopo averlo ficcato in mezzo alle cicogne e agli amici delle cicogne, i naturalisti decisero poi di isolarlo in un famiglia nuova di pacca, quella dei Balaenicipidi (credo), uccelli del tutto estranei al trasporto di neonati.
Il becco a scarpa è un pennuto imponente. Può raggiungere i centoquaranta centimetri d’altezza e i sette chili di peso. Vive in Africa, lungo il corso del Nilo Bianco e, in generale, ama zampettare nei pressi di paludi e acquitrini. Sa volare, ma non gli interessa: vive, mangia, si riproduce e dorme per terra, passeggiando come un gentiluomo d’altri tempi. Si nutre di pesci, rane, mammiferini e protopteri. I protopteri sono delle specie di anguilloni disgustosi che somigliano anche un po’ ai pesci-gatto. Ma non è che devono piacere a noi, devono piacere al becco a scarpa. Comunque. Il nostro voluminoso amico è una bestiola perbene, anche se un po’ irascibile. Il becco a scarpa, infatti, è monogamo, ed entrambi i genitori partecipano alla cova e alla costruzione del nido. Non è che si sbattano poi chissà quanto, visto che il nido del Balaeniceps Rex non è altro che un buco in terra. Durante la cova, però, diventa territoriale e vendicativo. Arrivategli a meno di un chilometro e vi demolirà… e rinunciate a spiegargli che una distanza di sicurezza di 999 metri è qualcosa di assolutamente rispettabile. Lasciategli covare le sue uova – da una a tre – e ingozzare i suoi piccoli di protopteri masticati e tutto andrà bene.
Ma perché poi si chiama becco a scarpa? La leggenda narra che uno sfacciato esemplare di questa florida specie di uccelloni passeggiatori un bel giorno si trovò davanti a una scarpa piena di cibo. Goloso e irruento, il pennuto tuffò la testa nella calzatura – di chi fosse o perché c’era dentro della roba da mangiare non lo sapremo mai – ma, una volta inghiottito tutto l’inghiottibile, non fu più in grado di liberarsi e la scarpa gli rimase incastrata sul becco.
Ebbene, andate a raccontare queste frottole a un becco a scarpa qualsiasi e verrete ricompensati, immancabilmente, con un’espressione di questo genere:

Il mondo non è pronto per il becco a scarpa. Siamo gente abituata allo sguardo vitreo e stolido del piccione, all’occhio pallato e immobile della civetta, ai movimenti nevrastenici e senza senso delle cocorite domestiche. Gli uccelli che ci sono familiari, gli uccelli “normali”, sono un po’ come Monica Bellucci quando recita. Faccia di pietra e palpebre immobili. Il Balaeniceps Rex no. Lui è l’Al Pacino dei volatili, il Daniel Day Lewis del Nilo Bianco. Mettete un becco a scarpa su un palcoscenico insieme ad Albertazzi e gli farà un culo a capanna di fango. Non sappiamo perché, ma l’espressività e il talento drammatico di questo improbabile pennuto africano hanno qualcosa di sovrannaturale e mitologico, altroché il cane di The Artist. Il becco a scarpa è nato per il cinema.
Eccelle negli intensi primi piani:

(la foto viene da qui)

Stupisce per saggezza e abilità introspettiva:


E convince ancor di più quando esterna il proprio dolore, riuscendo a trasformarlo in quel dolore universale che unisce e accomuna tutte le creature:

(la foto viene da qui)

Sa intimorire:


Può apostrofarci con tutto il rancore e il risentimento accumulati in millenni di burle evolutive:


E può spuntare all’improvviso dalla macchia per intimarci, come un qualsiasi papà americano che vede minacciato il pratino davanti a casa, di uscire dalla sua proprietà:

Può esibirsi in comportamenti solo all’apparenza immotivati ma che, in realtà, vogliono incoraggiarci a fare tesoro di ogni istante della nostra esistenza e a impiegare il tempo che ci è concesso per raggiungere la grandezza. Mica vorrete passare la vita a guardare in terra a bocca spalancata, no?


Ma non è finita. Perché il becco a scarpa è anche un fine interprete delle dinamiche di coppia. Qua, per dire, credo che la becca a scarpa sta ricordando al suo compagno che questa casa non è un albergo:


In questa circostanza, invece, due becchi a scarpa in fila dal medico di famiglia s’indignano per la sfacciataggine di quelli che passano davanti a tutti con la scusa di doversi solo far firmare una ricetta.

Ci sono, poi, eccellenti caratteristi.
La bionda svampita:

Il supereroe:

(la foto viene da qui)

Gong-Li:


Il cavaliere dell’Apocalisse e/o la morte campionessa di scacchi:

L’indomito e testardo pilota di caccia:

 

Quello che davvero dovrebbe sconvolgerci, però, è la consapevolezza con la quale il becco a scarpa ci regala questa impareggiabile gamma di espressioni e pose teatrali. Nulla accade per caso, quando c’è di mezzo un Balaeniceps Rex. E qualcuno dovrebbe dirlo all’Academy.

Dai, facciamo una foto coi fenicotterini rosa. Serio, però, che dobbiamo creare uno di quei bei contrasti tra sconfinata bellezza interiore e vuota bellezza esteriore. Intenso, mi raccomando, sei il saggio che si staglia con fierezza contro la grettezza della società dell’immagine.

Superbo. Spettacolare. Facciamone un’altra, che dici? L’ultima, promesso. Sempre coi fenicotteri, ma stavolta come vuoi te.



***

Che cosa è successo nelle puntate precedenti.
Dunque.
Lo scorso anno, a luglio, ho improvvisamente deciso di leggere Anna Karenina. Ma così, presa da uno slancio inspiegabile e repentino. Senza un particolare allenamento, una missione filosofico-letteraria o precedenti incontri con poderosi romanzi russi.
…in realtà avevo iniziato Guerra e pace… e mi piaceva immensamente, ma ce l’avevo diviso in tomi e, non mi ricordo per quale motivo, ad un certo punto mi sono dimenticata l’ultimo in una città che non era la mia. E addio, ho perso il ritmo, ho scordato la faccia di Pierre e non l’ho mai più finito. Ero anche a buon punto, per dire.
Comunque, a parte la sfortuna logistica patita con Guerra e pace, Anna Karenina sarebbe stato il mio primo, vero incontro con un illustre superclassico russo. Ce la farò. Non ce la farò. Ci saranno slitte, manicotti di pelliccia e svenimenti? Fortune sperperate? Figli bastardi? Insomma, l’ho cominciato con la sensazione di essermi messa lì a fare qualcosa di importante. Non so bene come spiegarlo, ma mi sembrava una faccenda solenne, una lettura che sarebbe stata diversa da tutte le altre della mia vita. Ero proprio emozionata.
In mezzo a questo turbine di aspettative, senso di responsabilità e timore reverenziale, non so bene con quale motivazione, mi sono messa a twittare quello che mi veniva in mente mentre leggevo. E man mano che andavo avanti, c’erano sempre più particolari che non avrei voluto dimenticare o impressioni da condividere, o moti di funestissima indignazione che non potevo in alcun modo tenermi per me. E #annasottoaltreno cresceva e si riempiva di citazioni, di impressioni, di stizza, preoccupazioni, cose buffe e immagini. Insomma, si è trasformato in un diario di lettura molto spontaneo e scanzonato in cui ci si augura che Vrònskij si spacchi le tibie cascando da cavallo e che Lèvin la smetta, una buona volta, d’ammorbarci con la falciatura dei campi. Senza alcuna ambizione “classificatoria” o equilibrio rispetto alle varie parti della narrazione, #annasottoaltreno è un piccolo frammento di quello che mi è successo mentre leggevo un romanzo meraviglioso, un libro pieno di pensieri – inclusi quelli dei cani da caccia – e di decisioni complicate.
Che è accaduto poi?
Anna è finita sotto al treno e la timeline di Twitter ha imparato a vivere senza di lei.
Anzi, Anna è stata sepolta dal resto della mia timeline.
Ma poi, magimagia. Il download dell’archivio di Twitter! Pure per noi italiani.
E allora ho pensato, ma che cavolo, perché non scolliamo dalle rotaie i suoi derelitti resti?

#annasottoaltreno (reloaded) è diventato un lunghissimo e strambo Storify.
Con voragini che non mi spiego (possibile che non ci sia davvero niente su Anna che ritorna da suo figlio?! Dov’ero, in un posto senza 3G?), grande affetto per particolari minuscoli che fanno perdere la visione d’insieme, plateali antipatie e un gran gusto dell’assurdo. Intanto che recuperavo i pezzi e li ricomponevo, poi, ho deciso di cacciarci dentro un’allegra confusione di immagini cinematografiche (e no, l’ultimo film non mi è piaciuto… i costumi, però, erano bellissimi), riferimenti geografico-mangerecci, commenti e chiacchiere.
E questo è quello che è venuto fuori.

Ben sapendo che non sarò mai in grado di accettare la storia del Giardino dell’Eden, del diluvio universale e della gente che risorge dopo il terzo giorno e poi vola in cielo con tutte le scarpe, sono comunque costretta ad ammettere che, di tanto in tanto, ci sono cose che riescono a convincermi dell’esistenza di un’entità superiore e onnipotente. Cose che alimentano e incoraggiano la mia spiritualità e il mio atavico bisogno di credere nell’invisibile.
Ecco, tra queste magiche manifestazioni del divino c’è di sicuro The Useless Web. Che voi magari lo conoscete già, ma io che vivo in una palude infestata dalle banshee non l’avevo mai visto.

***

***

Niente. Voi andate lì e tutte le volte che schiacciate sul PLEASE rosarosa vi si apre un’assurdità meravigliosa e sommamente insensata. Siti idioti. Siti scemi. Siti che non servono a niente ma sono bellissimi. Miracoli dell’ingegno umano all’apice dell’estro e del più totale scollamento da un qualsiasi principio di funzionalità e utilità. Tanto per farvi capire, ecco cosa mi si è aperto in dieci schiacciate del PLEASE rosarosa:

http://www.wutdafuk.com/ > una distesa lampeggiante di grassi WTF a pois.

http://www.leekspin.com.au/ > una cartoncina animata giapponese che fa roteare un cipollotto.

http://www.pleaselike.com/ > potete solo fare LIKE, c’è solo quello. Un LIKE al nulla cosmico. Credo si tratti di una riflessione metafisica sulla deriva del gusto e sulla contrazione della nostra capacità di esprimere costruttivamente un’opinione. O anche solo di discernere un contenuto meritevole da una fumante pila di sterco vaccino. Ma forse sono io che penso troppo.

http://www.leduchamp.com/ > uno dei beneamati ready-made di Duchamp (la ruota di bicletta) da aggeggiare e far girare a vostro piacimento.

http://sometimesredsometimesblue.com/ > a me è uscito blu.

http://www.oppositeofpoop.com/ > una gigantesca e incontrovertibile verità.

http://ihasabucket.com/ > un tricheco con un secchio. Anzi, un tricheco felice con un secchio. Poi glielo portano via. È bellissimo.

http://chickenonaraft.com/ > un pollo su una zattera. Che vi basti.

http://r33b.net/ > L’IPNOROSPO!

http://www.toggletoggle.com/ > niente, c’è un interruttore gigante e voi potete accendere o spegnere la luce.

***

E chissà quanta altra roba aspetta solo di essere scoperta! Là fuori c’è un mondo d’insensatezza che può intrattenerci. E basta, volevo solo farvi sapere che avevo trovato questa cosa. Ora potete andare a cliccare e moltiplicarvi. Ma magari fatemi sapere che cosa trovate, che la faccenda è divertente… come tutto quello che non ha un perché.

***

P.S. grazie e cuoricioni a Leda per la magnifica segnalazione spappola-sinapsi.

Come forse sapete (una crostatina per voi) o come forse non sapete affatto (una crosta puzzolente di pane ammuffito per voi), gli splendidissimi di Gazduna, con coraggio e grande pazienza, hanno cominciato ad ospitare i miei sconclusionati sproloqui. Il mio primo pezzo, di gennaio, era tutto un bel polpettone sulla storia delle tute spaziali della missione Apollo. E finisce con Neil Armstrong che mette piede sulla Luna con su una roba che gli ha confezionato la Playtex, tra un reggipetto e l’altro.  Per il secondo pezzo, invece, mi hanno detto che potevo inventarmi quello che mi pareva.
MADORNALE ERRORE.
In preda al più confuso degli entusiasmi, dunque, ho avanzato alla giocosa redazione le seguenti proposte:

proposta UNO)
Una roba sulle uova di Fabergé. Che cavolo sono. Da dove vengono. Fabergé: è un posto, un tizio, un’entità vaga e astratta? A che servivano. Che significato racchiudevano nelle loro preziose profondità. Insomma, capiamoci qualcosa, delle benedette uova.

proposta DUE)
L’esegesi delle categorie di YouPorn. Da una che YouPorn non l’ha mai manco aperto. Mai, ve lo giuro, che l’alopecia possa devastare tutti i miei Minipony se non è vero.

Ecco.
Indovinate un po’ quale hanno scelto.

Tegamini pieni di lussuria.
YouPorn for dummies: tutte le zozzissime categorie raccontate da una ragazza curiosa
Parte #1
Parte #2


Parte #1, eh. Che ad un certo punto mi sono fatta trascinare dall’entusiasmo. La seconda puntata (dove incontreremo anche insospettabili femmine umane capaci di trasformarsi in prorompenti GAISERs), la potrete leggere la prossima settimana. Intanto beccatevi un mirabile preambolo e una prima – timida e garbata – sintesi di quel che ci ho capito io. Santo il cielo.

L’AGGIUNTINA DELL’11 APRILE

Ebbene, c’è anche il secondo pezzo. E proprio nel giorno in cui Sasha Grey è arrivata in Italia! Ma non è gonfissima? Che diavolo le è capitato?

***

Allora, qua c’è tutto un prologo che vi dovete sorbire. Perché l’adorabile illustratrice di A.A.A. – Il diario fantastico di Alessandro Antonelli, Achitetto è anche la medesima persona meravigliosa che, tempo fa, decise di partecipare a uno dei miei Contest-ini con un Loki che sfreccia sul dorso della borsa-gallina. E vinse, che diamine. Come si fa a non amare follemente un Loki che sfreccia su una gallina gigante? Così, mandai a Ilaria Urbinati una bella Sportini-premio (“Andare a vedere i narvali”) e continuai ad esserle molto grata, ma un po’ da lontano.

Ecco. Poi, la settimana scorsa, si scopre che Ilaria è in partenza per la fiera del libro per ragazzi di Bologna. E allora le grido “ma vai a salutare Amore del Cuore, che è a quello stand là”. “Ma come faccio a riconoscere Amore del Cuore?”. “Non temere, allo stand sono solo in due, e lui è molto grosso”. Ed è solo grazie all’indomito coraggio e alla gentilezza di Ilaria se sono qua a parlare di questo libro. Perché lei allo stand ci è andata e, oltre a “Scusa, mi vergogno molto, ma tu sei Amore del Cuore?” ha anche deciso di farmi un regalone. Con tanto di biglietto e autoritratto.

***

***

Ma cuori, cuori!
E io il libro l’ho letto e, come succede sempre quando c’è qualcosa che mi piace, ne parlo con sincero trasporto.
Dunque, A.A.A. (Espress edizioni) viene fuori da Ilaria, Fabio Geda, Marco Magnone e dal 150° anniversario della stipula del contratto per la costruzione della Mole, super edificio che, oltre ad essere il simbolo di Torino, è anche la grande eredità di un personaggio avventuroso, ambizioso, sognatore e bisbetico. Questo libro a fumetti è il diario fantastico dell’architetto Alessandro Antonelli. C’è l’infanzia, ci sono gli studi, la laurea, i primi progetti, una discreta quantità di porte in faccia, delle solenni rampognate da parte dei committenti e anche una casa a forma di fetta di polenta. C’è la ricerca della perfezione e la volontà di costruire sempre più in alto. C’è tutta la vita di un uomo fuori dal comune e la storia delle opere che ha solo immaginato – come il progetto per la “nuova” Piazza Castello – e di quelle che è riuscito a realizzare – come la Cupola di San Gaudenzio a Novara e, ovviamente, la Mole… anche se morì prima di vederla completata.

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Il pollo alla Marengo dell’Antonelli non l’ho assaggiato, ma la sua storia mi è piaciuta davvero. Tanto per cominciare, ho imparato delle cose che ignoravo sovranamente (che vi devo dire, colpa mia), ma ho anche fatto mille oooh e aaah. Un po’ per i magnifici disegni di Ilaria e un po’ per i pensieri e i sogni – appassionati e contagiosissimi – che finiscono nella testa dell’illustre Architetto. Insomma, le costruzioni saranno pesanti e complicate, ma questo libro è felice e pieno d’ispirazione. E una volta finito non sarete grati solo al trio di autori, ma anche a quegli omini-alpinisti che si svegliano alla mattina e vanno a staccare le stalattiti in cima alla Mole. O frugano nei buchi fra un mattone e l’altro per vedere se ci si sono incastrati dei falchi. O raddrizzano le stelle arrugginite. Ecco, evviva tutti quanti, allora.

 

Accecata e sbilanciata nelle mie più profonde convinzioni dallo strabiliante successo di Dillo con una bestiola, ho capito di aver fatto – finalmente – qualcosa di utile per la collettività. Un post d’impegno civile, un post capace di migliorare davvero la vita lavorativa e umana – distinguiamo, perché per chi ha bisogno di dire cose con le bestiole la vita lavorativa e quella di essere umano sono faccende molto diverse – dell’utente medio di Tegamini. Utente che, meraviglia delle meraviglie, è anche alle prese con il magnifico periodo post-elettorale, rammentiamolo accuratamente. Insomma, vi servono degli altri animalini, ora più che mai.
Ed ecco perché ho deciso di produrre questo nuovissimo e indispensabile EXPANSION-PACK pieno di altre bestiole che vi capiscono. Anzi, vi capiscono così bene che vogliono andare a dire al mondo come vi sentite.
Ma prima di tuffarci in questo vortice di zoologia e sentimento, riappiccico la necessaria premessa, il cuore pulsante del Dillo con una bestiola.

Anche nei piccoli/giganteschi problemi che scaturiscono dalla posta dell’ufficio, gli animali possono accorrere in nostro aiuto, come fanno abitualmente con le principesse Disney. Basta avere a disposizione le bestiole giuste. E di sicuro, là fuori c’è almeno una bestiola che può ergersi a splendida metafora dei sentimenti che v’ingorgano l’anima, ma che non potete mettere per iscritto.

In questo post, che tutti i capitani d’industria dovrebbero inoltrare ai propri dipendenti, verrà messo a disposizione del mondo un coraggioso manipolo di creaturine da utilizzare in una basilare gamma di situazioni elettropostali. Smettiamola di reprimere i nostri sentimenti: diciamolo con una bestiola!

Ci siamo? Tutti pronti a gettare il cuore oltre l’ostacolo?
Bene.

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BESTIOLE INTIMIDATORIE

Ah sì? Ah sì? Per quando ci sarebbe bisogno di sfondare la porta e spaccare nasi a colpa di padella, arrivano gli animalini trucidi, aggressivi e antipatici.

più arrabbiati che mai!

Il cervo-ragno, credo.
Piccolo, preciso, discreto e maneggevole: divorerà le anime dei vostri nemici, come il migliore dei cecchini. E poi consuma poco.

Il granchione peloso dell’abisso.
Allegatelo alle vostre mail come se fosse una preziosa testa di Gorgone.

Lo starfish, una delle prove più solide della non-esistenza di Dio.

La sula dai piedi azzurri.
Da creatura ridicola e dissennata ad autorevole portavoce di tutto il vostro funestissimo sdegno.

Per chi è costretto a fronteggiare un’intera armata delle tenebre – e non un unico e isolato individuo nefasto – si può sempre contare sul banco di pesci-troll e sul loro pronunciato cipiglio.

Un rapace come si deve riesce a sollevare un vitello… che insomma, non è poi tanto più leggero di una persona. Fatelo presente, quando deciderete di allegare questo giovinotto qua.

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BESTIOLE DELL’INDIFFERENZA

Perché di tanto in tanto, l’agghiacciante processo dello scaricabarile va arginato.
And not a single fuck was given that day.

ora con l’upgrade-sfottò!

 

Mi appello a voi, programmatori che tutto possono. Mi appello a voi affinché il deretano gigante di questa scimmia nasuta possa essere allegato in automatico al SI’ che siamo costretti a schiacciare ogni volta che ci arriva qualcosa con l’odiosa notifica di ricezione del messaggio. E come ben saprete, la notifica di ricezione ve la piazzano sempre sulla roba più inutile.
Già, ho letto la tua mail, l’ho letta, va bene? E l’ho fatta leggere anche al sedere del macaco.

Guarda, aggiungerei proprio qualche bella clipart.

Serve per domani? E me lo dici alle 18.23? No, no, tranquillo, ce la facciamo.

Si è inceppata di nuovo la stampante? Ma è assurdo, dovrebbe funzionare anche con la tua carta riciclata. Insomma, che cos’hanno che non va quei fogli lì? Va bene, sono un po’ stropicciati, sono in terra da quattro mesi e ogni tanto ci finisce in mezzo anche un sacchetto del pane, ma che cavolo, la tecnologia dovrebbe facilitarci la vita!

Guardi, non le posso passare l’altro interno. Sa, ho il telefono vecchio.

 

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BESTIOLE DELLO SCONFORTO

Basta. Siete demoralizzati come un copertone sgonfio. E in ufficio non si può neanche bere.

sono ancora più tristi!

Se fosse uno struzzo cercherebbe di mettere la testa sotto la sabbia. Ma è uno sconclusionatissimo piccione. E vuole annegarsi.


Innocenti cuccioli abbandonati. Come voi.


Il gatto della routine impiegatizia.


Investiteci. Vi supplichiamo, investiteci.

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BESTIOLE PER TEMPOREGGIARE

Ti assillano, ma non hai ancora tutte le necessarie informazioni per rispondere con quel minimo di razionalità che il tuo amor proprio pretende? Ti assillano, ma magari sei te – capra – che hai perso dei pezzi per strada? In entrambi i casi, serve tempo, tempo per finire di fare un buon lavoro o tempo per rimediare.
Che bestiola mandare, dunque?
Bestiole assurde. Meno si capisce che diavolo sta succedendo, meglio è: il destinatario avrà qualcosa su cui arrovellarsi mentre aspetta voi.

ancora più incomprensibili!


E il problema non è il gatto, ma l’improponibile accostamento tra la borsetta rosa e l’accoppiata cappellino-occhiali.

La brughiera. Ci hanno sempre detto che la brughiera è desolata e sconfortante. E invece.

Buona musica per uova più tonde.

Carino! Adorabile! Awww! Tenerello! Nicolas Cage. Poffosone! Pallottina!

Va bene, è un mostro inesistente. Ma non potranno smettere di guardarlo.

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NEW! – BESTIOLE DELLA FUGA

E’ troppo. Anche per voi. Dovete scappare, dovete salvarvi. E vi servono animalini coraggiosi pronti a dare il buon esempio, alla faccia di ogni legge naturale.

 

Il gatto palombaro. Ha esplorato gli abissi, ha nuotato con le sirene. E se solo i suoni si propagassero bene sott’acqua, vi miagolerebbe di tuffarvi.

In un mondo dominato dai cani-astronauti, la gallina-spaziale – caparbia e anticonformista – vi saluta dalla sua maestosa orbita geostazionaria. E vi ordina di bardarvi per bene e salire su un razzo, per accompagnarla alla scoperta del cosmo. Che poi è sempre meglio che lavorare.