Sulle coppie felici si scrivono meno libri? È probabile. Il conflitto è molto più avvincente e ricco da raccontare rispetto al sereno decorrere delle cose. La felicità (sia coniugale che intesa come raggiungimento di un equilibrio personale) è il traguardo che non necessita di ulteriori precisazioni. “E vissero tutti felici e contenti”, che altro mai ti serve sapere? I libri sui matrimoni che si sfasciano, invece, sono una schiera foltissima, varia e riottosa. Barbara Frandino, con questo breve romanzo spigoloso, ci offre un altro spaccato di disastro e caparbi tentativi di raddrizzare una situazione che forse ha ormai superato il salvabile. Il nucleo apparente del contendere – non vi spoilero nulla che non si trovi già nelle prime pagine – è il marito che, oltre a cornificare la moglie, finisce per fare un figlio con l’amante.
Ma questo “niente, sai… è successo che ho fatto un figlio con un’altra”, si innesta su un’irrequietezza coniugale che ha radici profonde. Finiamo per domandarci dov’è che inizia davvero la catastrofe, perché due persone che stanno insieme da vent’anni si ritrovano a una distanza così fredda e siderale. Vale la pena di riprovarci? Avremo la forza e la volontà di rimettere insieme i cocci? Perché rimetterli insieme, poi? La risposta scoppia in faccia a entrambi mentre il marito è in cima a una scala per curare un albero, in giardino, e all’improvviso rovina a terra privo di sensi. La reazione della moglie diventa il segreto indigeribile che segnerà – più o meno consapevolmente – il corse delle schermaglie e dei tentativi futuri di rattoppare le cose, così come si cerca di rattoppare un cuore malandato.
Quanto siamo equipaggiati ad affrontare l’indesiderato? Quanto siamo disposti ad ammettere la fine di quello che ci sostiene e ci ha sostenuto per tanto tempo? Ha più peso la felicità che ricordiamo o il vuoto che viviamo nel presente? Senza fronzoli o svolazzi, Frandino esplora il pantano coniugale (e la maternità, mancata o compiuta), fa squagliare caffettiere e scompagina costantemente le carte, mostrandoci che è dalle apparenti minuzie che in realtà si prepara il campo di battaglia per l’indifferenza più bellicosa.