Tag

Lolita

Browsing

Ho letto Triste tigre di Neige Sinno – in libreria per Neri Pozza con la traduzione di Luciana Cisbani in un periodo in cui giornali, televisioni e fonti informative “social” stavano offrendo un’ampia copertura al caso di Gisèle Pelicot, una signora francese che per una decina d’anni è stata narcotizzata dal marito e violentata a ciclo continuo da un numero imponente di sconosciuti con cui lo stesso signor Pelicot aveva preso accordi. Per ovvio e manifesto orrore, il caso si era già guadagnato titoloni su titoloni al momento della denuncia, ma la nuova ondata d’attenzione – quella contemporanea alla mia lettura di Sinno – è in larga parte dipesa da una precisa richiesta di Gisèle Pelicot: celebrare il processo a porte aperte e in sua presenza. Si è seduta in aula e, oltre ad assistere alle testimonianze degli uomini che le avevano usato violenza – quelli che è stato possibile identificare e rintracciare, almeno -, ha deliberatamente deciso di trasformare una vicenda raccapricciante che la riguardava in prima persona in un una riflessione collettiva e strutturale. Perché dovrei essere io a vergognarmi? Che si vergognino loro, possibilmente davanti al mondo intero. Che mi guardino finalmente in faccia, che si rendano conto – sempre che ne siano capaci – che sono una persona anch’io, anche se non sono stata trattata come tale.

Anche in Triste tigre si finisce in tribunale, a un certo punto. E anche quello è un processo pubblico. A diciannove anni, Sinno trova finalmente il modo di raccontare la verità e denuncia il patrigno che, per un periodo di un’estensione inconcepibile, ha abusato di lei nella più completa impunità (e invisibilità). Perché si è decisa proprio in quel momento? Perché, fra gli altri fattori, le altre bambine di casa avevano raggiunto l’età che aveva lei quando era cominciato tutto. Sette anni. Otto. O forse nove. Qualcosa, nella testa di Sinno, scherma ancora i primissimi ricordi delle violenze, deformando alcuni dettagli circostanziali senza però mai sbiadirne altri, che restano fin troppo a fuoco. Le memorie, le occasioni e gli episodi da catalogare, purtroppo per Sinno, abbondano. E, anche nel suo caso, quel che accade è una costante, un’invasione completa, un’azione che si protrae e che la insegue senza lasciare scampo.

Non sono certa di come sia più sensato parlare di un libro simile. Dovevo mettere 35 trigger-warning all’inizio? Alla sensibilità di chi dovremmo badare, maneggiando una storia come questa? La nostra potenziale impressionabilità conta di più di una riflessione che, nonostante tutto, trova il modo di strutturarsi e di restituire a una vittima il potere di decidere il proprio destino?
Triste tigre è per definizione un libro agghiacciante.
La testimonianza di una bambina che per anni viene stuprata dal suo patrigno – senza che nessuno sospetti nulla o faccia il minimo indispensabile per unire i puntini – non può trasformarsi in un “bel libro”. Quante stelline vogliamo assegnare a una mostruosità? Come si fa a dire “leggilo, è meraviglioso!”? Quello che ha senso fare – qui come nella realtà da cui spesso preferiamo schermarci – è accogliere la manifestazione di una volontà: scrivo, racconta Sinno, perché so di esserne diventata capace, so che è l’unica arma di cui dispongo per non dovermi più piegare a una volontà che non è la mia.

Triste tigre è cronaca, testimonianza dettagliata, ricostruzione fattuale, diario frammentato, riflessione etica, confutazione letteraria, amarissima constatazione di quel che è stato e della deformazione irrimediabile che ha prodotto, degli effetti di una manipolazione così duratura da sostituirsi alla realtà, alla normalità dell’infanzia. Sinno scrive Triste tigre per capire perché ha bisogno di farlo e perché anche noi abbiamo bisogno di ascoltarla. Utilizza, strada facendo, riflessioni letterare, spezzoni di cronaca, studi e quella massa di fonti e documenti che si affastellano nella mente di chi cerca una spiegazione razionale, aggregata e “macro” di una tragedia privata dai confini spugnosi, friabili e maligni. I taboo hanno una doppia dimensione: c’è il veto comportamentale – non si fa, punto e basta – e c’è il veto espressivo – l’azione è collettivamente giudicata così riprovevole da non poter essere nemmeno nominata, perché quello che definiamo e quel che diciamo diventa concepibile, dopotutto. Sinno ha abbondantemente subito qualcosa di inammissibile, ma si rifiuta di ritirarsi nell’ombra, di lasciarci tranquille, di tacere da grande – e da “vendicata” dalla legge – come le è stato imposto da piccola. Sono voci come quella di Sinno – e di Gisèle Pelicot -, a ricordarci chi è che dovrebbe vergognarsi davvero. E, se Sinno ha trovato le parole, un po’ di coraggio possiamo mettercelo anche noi.

Perbacco, sono stata travolta da innumerevoli eventi. Sono andata in gita in località piuttosto incredibili, sono finita a Londra a vedere la prima di un film – ma così, a sorpresa – e ho circa 97 post da sfornare con una certa rapidità. Ma inizierò da quello meno rilevante, tanto per non darla vinta all’efficienza che dovrebbe invece governare l’esistenza di un essere umano adulto e razionale.
Che cosa vale la pena desiderare, di questi tempi?
Scopriamolo istantaneamente!

Il 50% circa delle interazioni suscitate dalle mie magistrali Instagram Stories consiste in domande sui rossetti – a me, nota icona beauty. Come ormai anche i sassi sanno, però, sono una devotissima estimatrice delle tinte labbra di Kat Von D. Ho un rosso “classico”, un rosso più scuro da pseudo-panterona e un NIUD che ha suscitato entusiasmi quasi sconfinati. E io, che pensavo che i NIUD fossero una roba inutile. Che stolta!
Comunque, il mio NIUD da giorno è il Lolita II… e ho recentemente scoperto che la Kat ha anche lanciato un cofanetto speciale dedicato alla gamma Lolita. Ci sono le due tinte – la mia è quella un po’ più terracotta, ma c’è anche il Lolita base che vira al rosino -, le matite labbra, l’ombretto e il rossetto “originale”. Costa 104 bombe ma mi pare la vita. E, cosa ancor più importante, è roba CHE MI STA BENE. Gridiamo al miracolo e rompiamo i porcellini.
P.S. – Sì, le tinte labbra seccano leggermente. Quelle di Kat Von D molto meno delle altre, ma sono comunque tinte. Se voi però vi mettete questo (un po’ prima) il bene trionferà.

kat-von-d-beauty-lolita-1

***

La cerniera del mio zaino con gli unicorni si è sfondata. E, in qualità di libera professionista che può teoricamente andare a lavorare dove e come le pare, avrei bisogno di uno zaino capiente, resistente e carino dove cacciare il computer e i materiali di sopravvivenza quotidiana. Il folle progetto prevede anche la riesumazione della bicicletta bellissima che Amore del Cuore mi ha donato un paio di estati fa e che ho usato pochissimo perché A) temevo che me la ciccassero e B) ad un certo punto ero gravida e non mi sembrava il caso di andare velocissimo sul pavé. Ora non so bene dov’è che voglio andare in inverno con una bicicletta e un computer nello zaino, ma mi è venuta lo stesso questa fissa insensata. Credo solo per giustificare la necessità di un nuovo zaino, ma non vorrei azzardare spiegazioni eccessivamente realistiche. Comunque, Pijama è un brand che conosco già da qualche anno e che sforna regolarmente borse e custodie per device di ogni genere. Usano un neoprene resistente più o meno come il kevlar e lo stampano in mille fantasie pazze, il che per me va BENISSIMO. Ora c’è una nuova linea – la Metron – con un nylon studiato appositamente e un po’ di sano minimalismo super funzionale. Ciao, zaino Metron a zig-zag, mi stai molto simpatico. Sono certa che potremmo diventare grandi amici.

MEPZIBK_mediumbackpack_zigzag_front

***

Mi emoziono relativamente poco per gli addobbi di Natale. Ma quest’anno vorrei un Ugly Christmas Sweater come si deve. E mi sto industriando per tempo. Sono molto indecisa tra quello di Stranger Things e quello di quel rompicoglioni di Kylo Ren. Sono entrambi orripilanti e li adoro come non mai.

11089586_hi

Star-Wars-Christmas-Knights-of-Ren***

I libri che mappano scientificamente l’irreale e il fantastico mi affascinano sempre un sacco. È uscito per Utet un nuovo oggetto bizzarro che credo sarebbe saggio consultare, il Dizionario dei luoghi letterari immaginari  di Anna Ferrari. Il prezioso tomo cataloga e raccoglie i luoghi mitologico-inesistenti più celebri della tradizione occidentale, compilando un’avventurosa carrellata fra generi, epoche e opere diverse. Mi sto già emozionando.

71guaWtNImL

***

Com’era il cielo quando avete incontrato il vostro personalissimo Amore del Cuore? O quando avete preso una decisione di cui andate particolarmente fieri? E com’era, anche, in una giornata di rara e irripetibile felicità? The Night Sky permette di scegliere una data significativa della vostra esistenza e di trasformarla in una mappa stellare – riproducendo il cielo che si vedeva in quel posto e in quel preciso momento. La mappa si potrà poi personalizzare e stampare, per appendervela in casa nella commozione generale. Ma non è tutto molto tenero? Mi viene quasi un po’ da piangere. Il cielo di Minicuore! Il cielo delle Matrimoniadi! Sto proprio diventando una vecchia signora sentimentale.

Un post condiviso da The Night Sky (@thenightskyio) in data:

***

Cuori a profusione, per il momento.
Vado a scrivere la roba che avrei dovuto scrivere più o meno ieri, invece di cercare maglioni natalizi ripugnanti con sopra i demogorgoni e dei ragazzini in bicicletta. Ah, devo pure consegnare un libro entro il 10.
Andrà proprio tutto bene.