Tag

romanzo

Browsing

Siamo arrivati a quel momento dell’anno in cui la gente si chiede che cosa leggere durante le vacanze. La cosa divertente, però, è che tutti pensiamo ancora all’estate come se fossimo alle superiori. DUE MESI! Ho bisogno di almeno CENTO libri da mettere in valigia! Leggerò la Recherche in francese, dalla prima all’ultima pagina! La verità, purtroppo, è che le nostre sontuose vacanze non sono più delle vacanze. Sono delle pulciose ferie. E durano due settimane, un lasso di tempo decisamente troppo breve per portare a termine i faraonici progetti di lettura che la nostra psiche, contro ogni evidenza empirica, continua ad associare ai mesi più caldi e tecnicamente spensierati dell’anno. Pur invitandovi ad accettare la crudele realtà, non posso fare a meno di unirmi al carrozzone dei “consigli di lettura sotto l’ombrellone”, esortandovi – con tutte le energie che l’afa mi permette di sprigionare – a comprare Auro Ponchielli contro la fine del mondo di Alessandro Pozzetti, pubblicato da NN edizioni – nati da poco e, proprio per questo motivo, decisamente incoscienti… ma sempre più degni d’amore.

IMG_2850
Quanto sono belle, le copertine di NN?
Comunque.
Ci sono tanti libri, là fuori, che provano – invano – a farci ridere. Auro Ponchielli ci riesce. Ma più o meno ogni otto righe. Io non sono una che ride facilmente, quando legge qualcosa. Tanto per farvi capire, sono la classica persona che rimane impassibile mentre risponde a un messaggio utilizzando decine di emoji incredibilmente sorridenti. O che scrive HAHAHAHAHA senza fare una piega. Anzi, mi acciglio pure un po’, perché sono consapevole dell’imperdonabile contraddizione generata dalla mia faccia di legno e mi sento automaticamente in colpa, come se stessi raccontando una bugia colossale. Ma questo non ci interessa granché. Quello che vi serve sapere, invece, è che questo libro – non si sa come – è riuscito a produrre un miracolo in stile Ammaniti. L’Ammaniti cazzaro, che se lo leggi in pubblico fai anche delle figure da imbecille perché sghignazzi fortissimo e ci piazzi pure qualche grugnito. Perbacco, Tegamini, che paragone azzardato! Attaccatevi al tram, a me ha fatto quell’effetto lì… anche se non ho idea di chi sia questo Alessandro Pozzetti. La storia, alla luce di tutto ciò, non è particolarmente importante. O meglio, è importante il fatto che sia molto ben costruita. Ci sono tanti personaggi – appena scappati da Arkham, in pratica -, che si muovono in un bellissimo presente frantumato. Ogni pezzetto contribuisce a far procedere la trama, in un saggissimo salta di qua-salta di là che ti fa venire voglia di continuare a leggere, sopprimendo l’irresistibile e sacrosanto bisogno di chiamare il 118.
Ma che roba è, però? Visto che non c’è modo di riassumere la storia senza rovinarvi il surreale gusto della lettura, dirò delle cose a casaccio sui personaggi. Il capitano di questo libro è un trentottenne sfigato – afflitto da stitichezza cronica – che, immischiandosi in qualcosa di molto più grande di lui, riesce a salvare il mondo e a sentirsi un po’ meno un caso umano. Il suo migliore amico è un tizio che si guadagna da vivere interpretando Gesù. Il suo capo è un maniaco megalomane che sella la moglie e la mette a quattro zampe su un prato d’erba sintetica, if you know what I mean. Il suo amico invisibile è Clint Eastwood. E la sua fidanzata è una tizia spigolosissima con dei capezzoli insolitamente mobili. Nel libro ci sono anche Zanna, conduttore radiofonico dall’inspiegabile carica erotica, il Papa – per la prima volta nello spazio -, Niki Lauda, uno spirito vendicatore, Adriano Celentano – nelle vesti di un supercomputer senziente -, un settore ultrasegreto del governo degli Stati Uniti, svariati milioni di vecchi tabagisti con strabilianti capacità digestive, un attore mancato, Rino Tommasi che si trasforma in un pesce, Bud Spencer, una Delorean, una hippy decrepita piena di propositi rivoluzionari, un congegno capace di materializzarvi davanti tutto quello che volete, una stirpe aliena alla deriva, una scimmia che parla e una pornostar con la sindrome di Stoccolma.
Insomma, una casino di proporzioni epiche.
Come faccia il Pozzetti a far funzionare una tale accozzaglia di assurdità – riuscendo anche a spiegarci perché i vecchi guardano i lavori in corso – lo lascio scoprire a voi… anche se le vostre ferie saranno probabilmente uno schifo.
In alto i pinguini!
Lunga vita ai cantieri!
Potere alla pizza quattro formaggi!
Chi non ride è un pubblicitario sadico!
😀

***

Che cosa è successo nelle puntate precedenti.
Dunque.
Lo scorso anno, a luglio, ho improvvisamente deciso di leggere Anna Karenina. Ma così, presa da uno slancio inspiegabile e repentino. Senza un particolare allenamento, una missione filosofico-letteraria o precedenti incontri con poderosi romanzi russi.
…in realtà avevo iniziato Guerra e pace… e mi piaceva immensamente, ma ce l’avevo diviso in tomi e, non mi ricordo per quale motivo, ad un certo punto mi sono dimenticata l’ultimo in una città che non era la mia. E addio, ho perso il ritmo, ho scordato la faccia di Pierre e non l’ho mai più finito. Ero anche a buon punto, per dire.
Comunque, a parte la sfortuna logistica patita con Guerra e pace, Anna Karenina sarebbe stato il mio primo, vero incontro con un illustre superclassico russo. Ce la farò. Non ce la farò. Ci saranno slitte, manicotti di pelliccia e svenimenti? Fortune sperperate? Figli bastardi? Insomma, l’ho cominciato con la sensazione di essermi messa lì a fare qualcosa di importante. Non so bene come spiegarlo, ma mi sembrava una faccenda solenne, una lettura che sarebbe stata diversa da tutte le altre della mia vita. Ero proprio emozionata.
In mezzo a questo turbine di aspettative, senso di responsabilità e timore reverenziale, non so bene con quale motivazione, mi sono messa a twittare quello che mi veniva in mente mentre leggevo. E man mano che andavo avanti, c’erano sempre più particolari che non avrei voluto dimenticare o impressioni da condividere, o moti di funestissima indignazione che non potevo in alcun modo tenermi per me. E #annasottoaltreno cresceva e si riempiva di citazioni, di impressioni, di stizza, preoccupazioni, cose buffe e immagini. Insomma, si è trasformato in un diario di lettura molto spontaneo e scanzonato in cui ci si augura che Vrònskij si spacchi le tibie cascando da cavallo e che Lèvin la smetta, una buona volta, d’ammorbarci con la falciatura dei campi. Senza alcuna ambizione “classificatoria” o equilibrio rispetto alle varie parti della narrazione, #annasottoaltreno è un piccolo frammento di quello che mi è successo mentre leggevo un romanzo meraviglioso, un libro pieno di pensieri – inclusi quelli dei cani da caccia – e di decisioni complicate.
Che è accaduto poi?
Anna è finita sotto al treno e la timeline di Twitter ha imparato a vivere senza di lei.
Anzi, Anna è stata sepolta dal resto della mia timeline.
Ma poi, magimagia. Il download dell’archivio di Twitter! Pure per noi italiani.
E allora ho pensato, ma che cavolo, perché non scolliamo dalle rotaie i suoi derelitti resti?

#annasottoaltreno (reloaded) è diventato un lunghissimo e strambo Storify.
Con voragini che non mi spiego (possibile che non ci sia davvero niente su Anna che ritorna da suo figlio?! Dov’ero, in un posto senza 3G?), grande affetto per particolari minuscoli che fanno perdere la visione d’insieme, plateali antipatie e un gran gusto dell’assurdo. Intanto che recuperavo i pezzi e li ricomponevo, poi, ho deciso di cacciarci dentro un’allegra confusione di immagini cinematografiche (e no, l’ultimo film non mi è piaciuto… i costumi, però, erano bellissimi), riferimenti geografico-mangerecci, commenti e chiacchiere.
E questo è quello che è venuto fuori.