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Un’estate

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C’è una novità di Claire Keegan – che qua abbiamo già amato per Piccole cose da nulla e Un’estate – che si legge in un’ora ma che resterà a tormentarvi. 

Quando ormai era tardi – sempre in libreria per Einaudi Stile Libero con la traduzione di Monica Pareschi – contiene tre racconti, come di consueto lapidari ma molto densi, che esplorano altrettante relazioni. Le vere intenzioni delle “parti” sono sempre opache e potenzialmente prevaricatorie e nella fisiologica asimmetria informativa che accompagna ogni percorso di conoscenza reciproca – si incontra qualcuno e non si sa più di quello che ci dice o ci mostra, insomma – si annida sempre qualcosa che potrà modificarci per sempre.

C’è un tizio che doveva sposarsi ma qualcosa è andato storto. C’è una scrittrice che riceve una visita mentre comincia il suo periodo di residenza nella casa di Böll. C’è una donna sposata che vuole scoprire com’è andare con un altro uomo.
Non c’è personaggio che afferri le cose al momento giusto – come suggerisce assai bene anche il titolo – e nell’ombra resta sempre in agguato qualcosa di destabilizzante, tagliente e maligno. Cosa fare, quando la trappola scatta, dipende dal valore che si attribuisce alla strada già fatta e a quanto sentiamo di meritare un futuro che credevamo immutabile. Non si può stare in pace un attimo, santo cielo.

 

Non so come sia crescere in una casa piena zeppa di fratelli e sorelle. Forse si impara a fare un gran chiasso per emergere in quel pandemonio di altri bambini, calzini, piatti e carabattole – specialmente se i genitori che ti toccano somigliano un po’ a quelli di questa storia. O forse ci si ritira nel proprio guscio come chioccioline pazienti, perché gestendo un perimetro più piccolo si può imparare a sottrarsi al caos circostante o a patire di meno la noncuranza dei grandi. Non si sa nemmeno se i grandi, qui, siano sbrigativi e distaccati per necessità pratiche o per indole, ma tra i figli che ci sono già e quelli che arrivano a ciclo continuo resta più margine per il lunario da sbarcare che per grandi slanci sentimentali. Le braccine dei bambini servono ad aiutare e grava sulla casa una cappa di disordine, di fatica rassegnata, di uomini che perdono bestie utili a carte e che quando escono chissà dove vanno.

La bambina silenziosa di Un’estate – piccolo gioiello di Claire Keegan in libreria per Einaudi Stile Libero con la traduzione di Monica Pareschi – si prepara a cambiare aria per un po’. L’ennesimo fratellino sta per nascere, la mamma sarà indaffarata e un’estate senza scuola è lunga da sfangare. La bambina viene caricata in macchina e portata dai Kinsella – una coppia insieme vicina e lontana alla famiglia. Mandano avanti una fattoria prospera e, anche se si fanno un mazzo così, la bambina intravede in loro una serenità che non conosce e che non è abituata a “sentire”. Saranno davvero così contenti? È possibile che decidano di cacciarla via all’improvviso? Perché l’estate non può durare per sempre? Perché sono così diversi dai suoi genitori?

È una storia fatta di gesti semplici e di parole misurate, delicatissima nel rivelare pian piano una ferita insanabile. Ci vuole coraggio a voler bene di nuovo così come ne serve tanto per lasciarsi amare, se raramente qualcuno si è preso cura di noi. E quell’amore “di base”, così ovvio ma anche elusivo, può attecchire fortissimo anche se mancano legami di sangue, rivendicazioni di “proprietà”.
Si legge in un paio d’ore – meno di quanto occorre a preparare una crostata al rabarbaro, penso -, ma credo vi farà compagnia a lungo, consolandovi anche un po’. Perché sì, comunque vada, l’amore che si riceve non si dimentica.

[Ma c’è altro di Claire Keegan? Certo, ecco qua Piccole cose da nulla.]